mercoledì 11 luglio 2007

DA UNA LAPIDE, Lorenzo Ramadoro (pubblicato sul sito di Intercom)

Credo sia una buona occasione per fare un po' di pubblicità al gruppo inserendoci in altri siti.


Questa storia inizia da una lapide su cui crebbe un amore. Ma lasciate stare il solito gioco del cerchio della vita, del circolo di vita e morte che si perpetua in eterno. Non è di quello che vi voglio narrare.



La prima volta che la vidi i suoi capelli erano castani, lunghi fin dietro le spalle. Sorrideva riversa su di una sfera poggiata al terreno. Una sfera imperfetta sgorgata dal suolo con le sue miriadi di sfaccettature, con i suoi bozzi, con la sua miseria di forma scorretta. La bimba posava la schiena su quella scultura. Rimasi stupito dalla sua mancanza di tatto, dalla sua strafottenza. Chi era quella, per poter sedere al fianco di mio padre? Chi le dava il diritto?
Andai da lei chiedendole con garbo d’andarsene. Lei domandò spiegazione, quasi la pretese. Fui colto dalla rabbia e l’intimai di alzarsi. Lei rimase immobile con la schiena contro la roccia. Fu allora che mi tornarono alla mente le parole di Henry. «Il terreno non appartiene a nessuno, passa di mano in mano secondo le esigenze. Il terreno su cui riposerò dovrà essere così. Desidero solo questo, Peón.»
Parole resuscitate dai meandri della memoria. Parole celate che quella bambina aveva disgelato. Il destino mostrava il suo primo volto.
Con gli occhi confusi da iperboli di luce, le sorrisi, dicendole che poteva rimanere seduta se lo desiderava, se aveva bisogno di un appoggio su cui riposare.
Gentío Lodel



Ero distesa, riversa nel mio dolore quando li vidi. La pancia mi esplodeva in una sofferenza atroce e stupenda. Ero sola, e loro erano troppo lontani per poter udire la mia voce strozzata dai gemiti. Ricordo la vista sfocata, alterata da lacrime. Ricordo il mio sforzo, la profonda tristezza e l’immensa gioia di quel giorno così straordinario.
Era forse un dono? Era il circolo della vita che mostrava il suo volto radioso? Due germogli che venivan fuori nel stesso momento. Lo sbocciare di un bacio e l’erompere della vita dal mio ventre. C’era un ché di magico, di estatico, in quell’attimo. Per un breve lasso di tempo sembrava che stessi afferrando il tutto. Come se le antiche teorie rapprese avessero palpitato a nuova vita. Come se dando la vita a costo di un immenso dolore potessi ricevere in cambio la comprensione che non mi era stata rivelata con anni di studi. Io, la miglior discepola, la più irriverente mente della scuola di Ser.
Sotto l’influsso di quella eufonia un leggero alito di vento trasportò parole pronunciate da un alchimista bislacco che seguitava a credere nell’impossibile. «Per avere qualcosa, bisogna dare in cambio qualcos’altro del medesimo valore.» La vecchia storia del Principio dello Scambio Equivalente. Era ovviamente una credenza popolana, eppure mi sembrava collidesse esattamente con l’estasi del momento. La sofferenza del parto veniva ripagata dalla gioia di una nuova creatura venuta al mondo per mano mia. Gli inseguimenti, gli attimi di terrore, la sensazione di assoluta impotenza. La fuga dal mio paese attraverso gli stati del nord, venivano ricambiati dalla visone della campagna circostante, del verde, e della più palese espressione d’amore tra due giovani. Non potei fare a meno di piangere nuovamente nell’osservare le carezze dei due amanti seminudi premuti sulla pietra quasi sferica. Le dita dell’uomo scivolavano sugli scintillanti capelli della ragazza. Il ricordo di me e Samuel era troppo pressante, troppo incalzante per liberarmene immergendomi nella meditazione. Appena mi ripresi riuscii, con un ultimo sforzo, a dare alla luce la mia bambina. Quindi la pulii come meglio potevo con le mani, strappando fili d’erba o raccogliendo foglie secche. L’ultimo gesto che ricordo fu il bacio che le diedi mentre la piccola batteva le mani sui miei seni. Poi svenni.
Priscilla Sunder



Nel vedere un raggio di sole così intensamente splendente irradiare di luce la lapide del grande Henry Lodel rimasi colpito. Quella lapide pareva filtrare i raggi, sgusciarli dalla loro pellicola invisibile dando loro una consistenza. ...



Potete trovare il resto della storia sul sito di Science Fiction "Intercom",
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