martedì 31 luglio 2007

PENNEDOKA pubblica SALTATEMPO!



Alcuni di noi

Elisa Mearelli

Marco Stagnozzi

Lorenzo Ramadoro


sono stati pubblicati sul 6° numero della rivista dell'Informagiovani di Alessandria "Pennedoka"; rivista che in questo numero affronta il tema della TERRA.
Ovviamente non abbiamo mancato di fare pubblicità al gruppo...

Potete consultare la rivista su internet o presso le librerie Boréa, Babele e Pandora, la cartolibreria Lotti e l'Informagiovani/CAG di Fabriano.











La rivista è strettamente legata al gruppo Anonima Artisti di Alessandria.
(entrambi i link - Anonima Artisti e Pennedoka - li trovate elencati tra i collegamenti qui di fianco a destra)












BANDIERA, Lorenzo Ramadoro _________ rubrica"Racconti curiosamente iridescenti" n.11 - commento di Luca Fiorani illustrazione di Marco Stagnozzi


Il tratto di Lorenzo è sospeso tra intreccio narrativo e estro poetico.
Anche se sembrerebbe la logica nei suoi versi a prendere il sopravvento sul cuore,
anche se tutto il suo sapere è proteso nel darsi una ragione ,anche se il pensiero deve portare sui lidi tranquilli di una spiegazione plausibile, tutto in lui trabocca di inquietudine, di un disperato e lancinante bisogno di comunicare questi dubbi,
questo malessere avanza, riga per riga, con un ritmo incalzante, che penetra, ti av-volge, ti coinvolge.
Non è possibile rimanerne fuori perché ti trascina dentro il suo mondo fatto di crude constatazioni, di rabbia e di dolore espressi senza mezze misure, senza compromessi e tu ne rimani attonito, colpito, ferito a volte.
La verità fa male, essere franchi, veri, spesso è scomodo, ma ci si guadagna in salute a sputare certi rospi perché non possiamo essere sempre: Bandiere!!!
Luca Fiorani


Illustrazione di Marco Stagnozzi



Il sole asciuga dalle intemperie
La pioggia rinfresca dal sole cocente
Non c’è dimensione, non c’è spazio, non c’è piedistallo su cui poggiare

Una bandiera senza palo, s’infanga cadendo
Si strappa, si pente

Lancia vampate d’orgoglio volando in aria
Si spande nell’aria
Si perde nei vortici, sussulta
Ha un fremito

Un oggetto non ha una sua etica
Una bandiera si logora
Si sporca, indipendentemente dal valore attribuitole
Che si sputi su di essa o si inneggi il suo splendore, poco cambia
è un oggetto, un coso senza vita

Che gli si imprechi contro vomitando lamentele
o si glorifichi lodando i suoi meriti
Poco conta
Non mi importa, vi ho già detto

Potete tenervi la vostra realtà
Il vostro scavare nel fango per rimbrottare soddisfatti
Prendete quella bandiera lì, non avrò più anima nel presente
Sarò un straccio vuoto privo di speranza per il mondo contingente

Lo sono da sempre e non me ne ero mai accorto
Non capisco a cosa serva analizzare le problematiche del presente se l’unico modo è quello di rifondare il futuro
Vi lascio questa bandiera al vento, in attesa di essere appuntata ad un palo
Una speranza senza padrone che ormai non risplende. Vi cedo quello che vedete di me. I miei sorrisi,
la mia presenza qui e ora.

Lo spirito però lo terrò mio,
lo scaglierò violento verso l’avvenire (non vivrò, senza soldi, non potrò acquistare)

Non ha alcun senso, ora, la lacrima. Io non sono più qui, in mezzo a voi
Io sono altrove, senza miraggi d’ascetismo o discorsi da santone
Solo futuro, solo il proiettare ogni giorno su una tela diversa un plausibile piano di realtà
Quello che si costruisce da adesso in poi non ha più senso. È solo un punto.
Dovremo buttar giù tutto e fare nuova luce
Io aspetterò il giorno nuovo dando visibilità a molteplici futuri, che potranno essere spunti per discorsi concreti o mere inutilità intellettuali. Cosa perdo, in fondo; Questa vita?
Lorenzo Ramadoro


venerdì 20 luglio 2007

NEI LORO OCCHI, Lorenzo Ramadoro inserito nella rubrica "Racconti curiosamente iridescenti" n.10 - commento di Lorenzo Allegrini

La frammentazione come cifra. Periodi brevi, e l’incomunicabilità delle persone che si materializza in veri e propri paragrafi autosufficienti, in “persone paragrafi” si potrebbe dire. Questa caleidoscopica varietà si riflette nei pensieri dei personaggi come nel mondo che, grazie agli occhi “della mente” degli stessi, si riesce ad intravedere nel racconto. Un mondo di sussulti intensi come rivoluzioni, e di successive violente disillusioni, aride come deserti dell’anima. Dunque, buona fortuna a chi riuscirà immediatamente a ricostruire con la precisione di una realistica fotografia il filo conduttore del racconto di Lorenzo. Come buona fortuna bisogna augurare ad ognuno che tenta realmente di ricostruire la complessità del mondo vero, quello in cui tutti viviamo con milioni di punti di vista diversi.





Miguel
Sbuffo odio, scalcio di rabbia, e premo. Premo le dita su questa piuma pesante come il grilletto di una pistola fumante. Come le lacrime tonde che si infrangono gocce sul terreno. Lento scivolo indietro di pochi momenti a quando giacevo nel terrore. Alle spalle larghe di mio padre coprirmi dai colpi. Bossoli morti finiscono a terra scrosciando secchi sul pavimento. Stridono coi lineamenti docili di una donna sorridente. Vecchia e gioviale signora, vista da lontano, dall’altra parte della foto. Il tempo era un risvolto che mi apriva l’immagine di decenni passati. Immobile nella sua posa, la foto della nonna riposta sulla massiccia scrivania. La nonna che non avevo mai avuto. La madre che babbo guardava sempre in un lieve sospiro.
La nonna… e il padre ora stava morto.
Logoro di paura, zuppo di sangue, il marmo inghiotte le macchie. Risucchia l’emozione di un bimbo disperato nel vedersi puntare dalla morte. Un ometto innocente pulirsi la manica sporca. Premere su una linguetta d’acciaio nero sprofondando l’incubo in un bagno di morte.
Fu così che accade, l’assassino ricadde sul corpo del padre e giacque morto.
Mentre fuori un altro innocente moriva, un altro araldo di libertà periva; fu colto d’improvviso e finì riverso cadendo lungo le scale d’ingresso del palazzo presidenziale. Uno solo di scuro nero, un solo piombo a infilar il cervello.
Fuori appassiva la conquista di anni di dure lotte per la democrazia, carrarmati ornavano i cadaveri sdraiati.

Alejandro
Sgorga rabbia dalle mie vene. Odio di bambino, di quando vidi mio fratello cader giù per le scale. Quando lo vidi schizzare di morte dalle cervella. Di quando tutto il mondo tirato su a fatica da mio padre venne abbattuto a fucilate.




Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

mostra sull'acqua, Lorenzo Ramadoro

Non metto foto,
nel caso qualcuno voglia illustrarle mi faccia sapere tramite mail
(nella versione originale sono previsti dei rientri che il blog non consente)


1
Gocce sul terreno arido,
sul cuore avido della terra
Laddove cadono perpendicolari i raggi arroganti

Pensateci su,
Perché io non posso sperperare buonismi
Quando consumo eccessi d’acqua
per depurarmi la pelle
per sentirmi pulito

Trovatele da voi le parole
Le immagini con cui descrivere
Un uomo, un vecchio, una bambina
Morti con la bocca riarsa
di carestie, d’epidemie, di sete

Immaginatevi come
ci possa sentire a dover percorre
Centinaia di metri
Molteplici chilometri
Per raggiungere un pozzo

Io non posso,
c’è della sporcizia
in ogni goccia scolata dallo scarico
con i piedi coperti di soffice schiuma

Si potrebbe parlare di uguaglianza
Di volere un mondo migliore
Ma non sono capace di descrivere null’altro che falso rimorso

Pochi di noi giovani,
noi “occidentali”,
possono capire cosa si prova
Quale disgustoso tormento è la sete
e la rabbia di sapere che altrove la gente La sperpera
e la voglia di vendetta che ti controlla
e muove i tuoi gesti
verso atti ignobili e stupidi

Io m’arrendo
La mia fantasia cede il posto alla realtà

E se questa “cosa”
Questo mazzo di lettere spagliate,
vi ha tirato su un sussulto
vi ha fatto sentire un poco più mediocri
(come esseri umani)
allora ha assolto il mio bisogno
via ha reso un minimo più coscienti

Altro,
non posso




2
Spezzate
Cadute
Ritorte e scombussolate


Acidi gastrici
Vite pericolanti aventi l’innata volontà di esistere
decisamente recise dalla mancanza
d’Acqua

Mentre più a Nord
C’è chi squaglia ghiacciai
Li tira giù dal polo
e ne commercializza il frutto
in bottiglie da centinaia di $

E l’igiene…
Cianciamo a sproposito
conficcando giudizi su chi si lava poco
Poco contegno, la gente poi puzza
Ma la sporcizia c’invade,
ci devasta lo spirito
seppure non si sente vizio
non lascia indizio

Quella gente
Laggiù
Avente la colpa di essere nati male

Quella gente del Sud (del mondo)
Non può neppure berla l’Acqua
Non può neppure immergersi nel suo dio
Nel Fiume Sacro

Gente che muore infettata
di stenti
di fame
di guerre


E noi restiamo su
Li giudichiamo dall’alto del nostro sguardo
L’inaridiamo con colture intensive
con estrazioni massicce e insalubri
e loro dovrebbero sorridere immobili?

Non era questa l’anima dell’Uomo che sognavo
Non è questo l’indirizzo
e anche se la mia, era solo un’utopia
da ragazzino
anche se, per quanto si pulisca
resterà la puzza
Cosa volete, sono un vile,
ma dovevo almeno imbiancare
la mia parte sporca

martedì 17 luglio 2007

lunedì 16 luglio 2007

domenica 15 luglio 2007

Riunione del 14 Lug 07 - "saltatempo"


10 Partecipanti, a decidere dove e come partecipare al Festival Multietnico di Fabriano. Avremo a disposizione un locale al centro storico dal 13 al 16 settembre per una mostra d'arte. Tema: l'acqua ( titolo: W.C. Water Contest ). Faremo poi una performance, sabato 15 settembre, per evidenziare l'importanza dell'acqua nella vita dell'uomo.
°
hanno partecipato:
°
Andrea e Sauro Mori: andmsn@libero.it

Emanuela e Cristina Pucci: sbattart@yahoo.it

Alessia Marchigiani: fruscydark@yahoo.it msn: fruscy@hotmail.it

Romina Pantanetti: edra_@libero.it

Lorenzo Allegrini, Luca Fiorani, Lorenzo Ramadoro, Marco Stagnozzi: vedi artisti partecipanti
*
*
P.S.: chi volesse partecipare all'esposizione di disegni durante la FABCON di Fabriano (dal 13 settembre) , con disegni stile fantasy, fantascenza, contattare al più presto per info: Mangano Manfredi 3386778088 lokendil@gmail.com

sabato 14 luglio 2007

pazzia di Daniela De Maria

DEA A SORPESA, Lorenzo Ramadoro inserito nella rubrica "Racconti curiosamente iridescenti" n.9 - logo di Marco Stagnozzi

La rubrica dell’anno scorso è maturata. Presenta commenti e illustrazioni realizzate da ragazzi diversi che lega gli autori. È una commistione, un racconto e due differenti punti di vista esterni che esprimono le proprie, indipendenti, visioni, così che il lettore sia il quarto punto di vista. (Opere che troverete nei prossimi numeri)
La rubrica cambia, si fa adulta, a volte, tocca temi importanti, contundenti e contrastanti.
Perché nel nostra cittadina c’è un’esplosione di talenti dovuta alla ristrettezza degli spazi in cui poter respirare arte. Giovani che stanno scheggiando argini. E questi artisti, coinvolti assieme, stanno generando succulenti prospettive.
Ringrazio Marco Stagnozzi per essere l’artefice dell’affascinante logo della rubrica, abbondante di metafore.




Rosa nera in dono alle Dee delle lacrime
di bionic man20







Apri, come una scatoletta.
Prendi in mano il tuo squarciascatole e afferrami le cervella.
Butta via e scarta le brutture, l’odio, tutto quelle che ho sbagliato ad imparare

Prendi le mie mani, abbi curiosità
Per quel che sei,
mia divinità.
Mia, creatura, mio ricordo di tempi sprizzanti
Perché non riesco ad immaginarti?
Perché non riesco a piangere la tua assenza?
Dove sei adesso?
Dopo che ti ebbi scritto, dopo che ti sei spenta
Presa dalla mia mente è strappata, rinchiusa tra le pagine di un libro
Che non serve.
Che non aiuta, solo per una pubblicazione
Per avanzare in direzione di un sogno
Quella seconda alba sulla destra che è segnalata dal fumo di un comignolo.
Preceduta da tempi sporchi, da malattie, da mal di stomaco, da intolleranza d’intestino e di pelli.
Una pelle di scrittore che neppure vorrei se non fosse che dovrei campare, dovrei trovare un modo.
Sporcarmi,
sorrido. È come un tuo scatarro che cade in giù senza alcuna utilità

La voce che batte al ritmo di grancassa mi ricorda…
Muore la forma, il verbo ed il sapore
Muore il desiderio, la voglia e lo stupore
Muore l'idea di me che c'è nella tua mente
Perciò è meglio che tu non pensi a niente […]

Mentre uccidevi l'anima Mentre uccidevi
Mentre uccidevi l'anima

Proprio come tutto il resto ha fatto
(proprio come tutto il resto) […]
Proprio come tutto il resto ha fatto già
*


E il ricordo, e la pelle di quei giorni…
Dove mi piace pensare che il cielo era brullo, sgangherato tra nubi, stelle e lune..
Competizioni di paesaggi orgogliosi d’essere radiosi
Bellezze logorate dallo svenevole andare e venire di quest’uomo

Mia dea, sai, ci sono uomini e donne che stanno leggendo, e magari bambini e magari una bimbetta carina e curiosa che corregge ogni mio errore, ogni tempo diverso dalle precise regole grammaticate.
__________________________
* "Pop" (Germi) degli Afterhours



Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI
(la versione che trovate postata su questo sito al 22 giugno,
è un poco differente da questa)



mercoledì 11 luglio 2007

DA UNA LAPIDE, Lorenzo Ramadoro (pubblicato sul sito di Intercom)

Credo sia una buona occasione per fare un po' di pubblicità al gruppo inserendoci in altri siti.


Questa storia inizia da una lapide su cui crebbe un amore. Ma lasciate stare il solito gioco del cerchio della vita, del circolo di vita e morte che si perpetua in eterno. Non è di quello che vi voglio narrare.



La prima volta che la vidi i suoi capelli erano castani, lunghi fin dietro le spalle. Sorrideva riversa su di una sfera poggiata al terreno. Una sfera imperfetta sgorgata dal suolo con le sue miriadi di sfaccettature, con i suoi bozzi, con la sua miseria di forma scorretta. La bimba posava la schiena su quella scultura. Rimasi stupito dalla sua mancanza di tatto, dalla sua strafottenza. Chi era quella, per poter sedere al fianco di mio padre? Chi le dava il diritto?
Andai da lei chiedendole con garbo d’andarsene. Lei domandò spiegazione, quasi la pretese. Fui colto dalla rabbia e l’intimai di alzarsi. Lei rimase immobile con la schiena contro la roccia. Fu allora che mi tornarono alla mente le parole di Henry. «Il terreno non appartiene a nessuno, passa di mano in mano secondo le esigenze. Il terreno su cui riposerò dovrà essere così. Desidero solo questo, Peón.»
Parole resuscitate dai meandri della memoria. Parole celate che quella bambina aveva disgelato. Il destino mostrava il suo primo volto.
Con gli occhi confusi da iperboli di luce, le sorrisi, dicendole che poteva rimanere seduta se lo desiderava, se aveva bisogno di un appoggio su cui riposare.
Gentío Lodel



Ero distesa, riversa nel mio dolore quando li vidi. La pancia mi esplodeva in una sofferenza atroce e stupenda. Ero sola, e loro erano troppo lontani per poter udire la mia voce strozzata dai gemiti. Ricordo la vista sfocata, alterata da lacrime. Ricordo il mio sforzo, la profonda tristezza e l’immensa gioia di quel giorno così straordinario.
Era forse un dono? Era il circolo della vita che mostrava il suo volto radioso? Due germogli che venivan fuori nel stesso momento. Lo sbocciare di un bacio e l’erompere della vita dal mio ventre. C’era un ché di magico, di estatico, in quell’attimo. Per un breve lasso di tempo sembrava che stessi afferrando il tutto. Come se le antiche teorie rapprese avessero palpitato a nuova vita. Come se dando la vita a costo di un immenso dolore potessi ricevere in cambio la comprensione che non mi era stata rivelata con anni di studi. Io, la miglior discepola, la più irriverente mente della scuola di Ser.
Sotto l’influsso di quella eufonia un leggero alito di vento trasportò parole pronunciate da un alchimista bislacco che seguitava a credere nell’impossibile. «Per avere qualcosa, bisogna dare in cambio qualcos’altro del medesimo valore.» La vecchia storia del Principio dello Scambio Equivalente. Era ovviamente una credenza popolana, eppure mi sembrava collidesse esattamente con l’estasi del momento. La sofferenza del parto veniva ripagata dalla gioia di una nuova creatura venuta al mondo per mano mia. Gli inseguimenti, gli attimi di terrore, la sensazione di assoluta impotenza. La fuga dal mio paese attraverso gli stati del nord, venivano ricambiati dalla visone della campagna circostante, del verde, e della più palese espressione d’amore tra due giovani. Non potei fare a meno di piangere nuovamente nell’osservare le carezze dei due amanti seminudi premuti sulla pietra quasi sferica. Le dita dell’uomo scivolavano sugli scintillanti capelli della ragazza. Il ricordo di me e Samuel era troppo pressante, troppo incalzante per liberarmene immergendomi nella meditazione. Appena mi ripresi riuscii, con un ultimo sforzo, a dare alla luce la mia bambina. Quindi la pulii come meglio potevo con le mani, strappando fili d’erba o raccogliendo foglie secche. L’ultimo gesto che ricordo fu il bacio che le diedi mentre la piccola batteva le mani sui miei seni. Poi svenni.
Priscilla Sunder



Nel vedere un raggio di sole così intensamente splendente irradiare di luce la lapide del grande Henry Lodel rimasi colpito. Quella lapide pareva filtrare i raggi, sgusciarli dalla loro pellicola invisibile dando loro una consistenza. ...



Potete trovare il resto della storia sul sito di Science Fiction "Intercom",
cliccando QUI
(se guardate in fondo troverete alcune notizie sul nostro gruppo)


Daniela De Maria

domenica 8 luglio 2007

LO ZINGARO DI MILANO, Lorenzo Allegrini inserito nella rubrica "A mano sciolta" n.34


Con questo numero si chiude (per un po’), la rubrica “A mano sciolta”.
Dal prossimo numero partiremo con il nono numero della mia vecchia rubrica “Racconti curiosamente iridescente”, che colmerà questa breve parentesi estiva.




Prima che la rubrica vi saluti, ci terrei a ringraziare Stefano Ramadoro per il logo, una curiosa sintesi fumettistica degna di nota.





Commento dell’autore
La miseria non va spazzata via con sufficienza, ma combattuta con pazienza e comprensione. E la diversità non può essere nascosta, né cacciata fuori dalle circonvallazioni esterne o dai raccordi anulari, come sta avvenendo rispettivamente a Milano e a Roma.





Sono uno zingaro, e arrivai per una strada d’oro. Fino alla periferia di Milano, che raggiunsi tenendo bene per mano i miei nonni dalla Romania. Mi ricordo le larghe distese di verde e i casamenti alti tutti pieni di terrazzi, con cento occhi di parabole. I miei nonni si curavano poco di me, piuttosto avevano sempre gli occhi disciolti nel viaggio, perché il viaggio è quasi tutto per noi zingari, e se sembra che siamo tristi, in realtà ci stiamo solo commuovendo. I miei genitori non li ho mai conosciuti e non so cosa sia accaduto loro, nonna diceva che non era importante perché anche chi non li ha mai conosciuti ha dei genitori. A me sembrava importante pure averli vicini, però io le davo retta in tutto, e quindi anche su questa cosa mi auto-suggestionavo per darle ragione. Alla periferia di Milano ci eravamo costruiti una casetta di lamiera, e più o meno tutti gli zingari si erano sistemati come noi nel campo nomadi, si conduceva una vita comunitaria. D’inverno era molto freddo e d’estate puzzavamo un po’ (mio nonno moltissimo), ma tutto sommato stavamo bene, ed io e gli altri bambini giocavamo con i cani del campo, ché ci intendevamo bene tra randagi e potevamo trascorrere insieme le giornate senza annoiarci. A volte mi toccava andare a chiedere l’elemosina vicino alla stazione Centrale o al parco Sempione e, se tiravo su un bel gruzzolo di spiccioli, di nascosto mi ci compravo un cono gelato alla fragola e al pistacchio.
Quando mia nonna si metteva a leggere il futuro nel caffè agli altri zingari del campo che venivano da lei per un chicco di conforto, mio nonno mi prendeva da una parte e mi ripeteva sempre: «Tu non devi credere ai fantasmi o a chissà che dio; gli uomini possono essere liberi come gli spiriti, ma sempre rimanendo in carne ed ossa».
«E dopo la morte che succede?», gli chiesi una volta io, incuriosito.


Il testo completo lo trovate sul sito www.lorenzoallegrini.tk




venerdì 6 luglio 2007

giovedì 5 luglio 2007

STORIA DEL GRUPPO... Partirò dal principio

Partirò dal principio, dirò com’è iniziato tutto. Dalla rubrica “A mano sciolta”, che mi ha aiutato a trovare ragazzi talentuosi e appassionati d’arte. Comincerò da quando ci siamo incontrati, era novembre.
Così è spuntato il primo gruppo la cui identità resta ancora un mistero: abbiamo parlato di aspettative e di progetti da condividere, e non avevamo da subito ben chiare le idee, ma dal gruppo qualcosa stava sorgendo.
La maggior parte di noi s’interessa di arte. Alcuni, come me, considerano l’immaginazione come una forza capace di cambiare la realtà. Senza tanto sognare, per farla pratica, c’è chi crede che l’arte sia lo strumento capace di mostrarti nuove sfaccettature della realtà, consentendo una maggiore comprensione della stessa, e creando una coscienza, una voglia di fare, di muoversi.
Nel gruppo c’era chi aveva l’impressione che Fabriano avesse bisogno di un polo in cui far convergere i ragazzi e farli dialogare, così che di potesse provare anche ad affrontarne alcuni problemi. Fabriano è una cittadina incassata tra le montagne che è poggiata completamente sull’industria, tanto che proprio da noi è sorta la figura del “metalmezzadro”, ovvero un operaio che nel tempo libero fa il contadino.

Dopo qualche tempo ci siamo spostati alla 2° piano della libreria Bòrea che i nostri amici Walt e Susy ci hanno gentilmente permesso di occupare durante il sabato pomeriggio.
È esploso un grande fermento quando abbiamo deciso di prendere parte alla manifestazione sulla Decrescita. Un sabato, in particolare, le cose sembravano veramente idilliache. Tante persone, tanta partecipazione, cena fuori tutti insieme. La manifestazione andò bene, piacque l’argomento e l’esposizione artistica.
Poi il gruppo si spezzò in due. Dopo varie “crisi d’identità” io, assieme e altri che partecipavano spesso, decidemmo di creare il gruppo artistico giovanile “Saltatempo”, (un nome generico per non sentirci ingabbiati in argomenti specifici). Ora gli incontri non sono più fissi al sabato. Lì decidiamo volta per volta. Il gruppo ha cambiato aspetto. Il vecchio gruppo è stato un po’ una fucina dal cui fermento è sorto il nostro gruppo e l’associazione “O.d.E.” (orizzonte degli eventi).
Noi di “Saltatempo”, siamo riusciti a realizzare uno dei primi propositi del gruppo originario, creare un blog. (l’indirizzo appare ogni settimana sulla rubrica “A mano sciolta”). Abbiamo iniziato una collaborazione con l’Informagiovani di Alessandria che pubblica le riviste “Pennedoka” e “Pennebik”, abbiamo un “infiltrato” negli “Artisti per la non-violenza” di Firenze. Per quel che vedo, tutti questi gruppi o associazioni sono molto disponibili a collaborare mettendosi “in rete”. Noi cerchiamo di sviluppare nuovi progetti.
Ci sarebbero tante altre cose da dire sulla magia dell’arte e sugli aspetti socio-culturali di cui ho parlato sopra. Ma credo sia abbastanza.
In fondo, il nostro scopo è l’ARTE. Creare un dialogo tra artisti e con gli appassionati. Adoprando l’arte come mezzo per diffondere una mentalità più aperta “parlando” alla gente con quadri, poesie, sculture e animazioni.
Lo

"uno dei tanti visi che faccio", Daniela De Maria

mercoledì 4 luglio 2007

Performance Art - Human River * Fiume Umano

All'interno del Festival multientico di quest'anno, avevo pensato (fondamentale l'input di Gabriele Bianchini) di dare vita ad una performance emozionante:
Essendo il tema di quest'anno l'Acqua H2O ( W.C. Water Contest - Contesti d'Acqua) si pensava di creare un Fiume Umano a Fabriano.

ho buttato giù 2 righe per pubblicizzare l'evento, senza sapere però dove e quando...

Dall'inizio, l'uomo ha sempre legato la propria esistenza all'acqua, l'uomo stesso ne è composto per il 70%, l'essere umano vivente è acqua.
Vivere completamente questa appartenenza al liquido più importante della terra è possibile.
Vogliamo ricreare un fiume umano che scorra per le vie della città.
Tutti insieme, sentirci per una volta un unica entità con un unico obiettivo: la vita e il benessere comune.
Anche l'occhio vuole la sua parte: per partecipare occorre essere più possibile colorati di celeste o di blu, compresa la faccia volendo, meglio se si hanno accessori da mostrare, agitare, stendere... (per ciò anche il bianco va bene, sarete spumeggianti!).
Invitandovi a partecipare, ci auguriamo che sia un esperienza unica! A presto...

Ulteriori informazioni arriveranno presto... intanto parliamone!

Marco Stagnozzi