martedì 16 ottobre 2007

Strisce Parallele, LORENZO RAMADORO rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.17 __commento di Giulia Massini __foto "Tunnel Vision" di kwsanders

Con questo numero si chiude la rubrica, ringrazio tutti i collaboratori che hanno illustrato e commentato i racconti. Senza i quali questa rubrica non sarebbe stata la stessa.

Leggendo questa confessione diaristica, il lettore, come una spia, viene introdotto nel territorio privato della narrativa di uno stato d’animo, tormentato dalle incertezze del desiderio amoroso contro cui l’ego coinvolto intrattiene una lotta tenace: l’amore come malattia e come veicolo privilegiato per sondare l’interiorità.










Mi ammicca. Non mi viene altro da pensare…
La strada.
Ricordo la lunga lingua scura spezzata a metà da due costanti linee bianche. Costanti, ottuse nel non volersi mai incontrare.
Lo so, non l’incontrerò più una donna come lei.
Adesso lo sento. Come un squarcio in testa. O forse è un corpo duro che mi sale dallo stomaco.
Un inghiottire al contrario, non come il vomito, più indistinto, scomposto.
L’auto ha percorso il tragitto. Il cambio di marce. Lento.
La prima fino alla quarta. Le curve strette non permettevano errori. La disattenzione, un attimo, e mi ritrovavo a dover spezzare il mio moto rettilineo.
Mi destavo dal pensiero, non so quale. I fari delle auto schiantatimisi contro come cani rabbiosi. I miei occhi, prede indifese.
È così, mi si feriscono, e lacrimo. Sono fragili.
Occhieggia. Sono confuso. Le lunghe ciglia sono forse solo un sogno. Forse è altro.
Arrivato al tavolo, non sapevo bene cosa dire. Era una di quelle giornate fatiscenti.
Non di corpi in pezzi, no. Assomiglia più al cedere di una menzogna. Sapete, quando s’arrende ogni fandonia e la serenità assume possesso del tuo stato d’animo. Stai ben con te stesso, solo non accetti la presenza di altri.
Ti sono sgraditi, inadatti a quel tuo piccolo mondo perfetto che ti sei creato.
Sedetti, lei mi era distante. Tre, forse quattro posti. Troppi. Comunque



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