lunedì 15 ottobre 2007

l'Altra(1), LORENZO RAMADORO -rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.14 commento di Federica Pallotta illustrazione di Elisa Mearelli

Nel nostro piccolo, nel nostro mondo capita di conoscere persone che hanno gli stessi problemi dei due personaggi del racconto di Lorenzo. Due innamorati che combattono contro il più duro dei cattivi: la droga, la dipendenza, che porta alla solitudine. Perché se quando cominci sei piena di amici, in compagnia, poi tutti ti abbandonano a marcire con quello schifo. Maledici chi per la prima volta te l’ha offerta, te l’ha venduta, ma chi ha messo i soldi sei tu, egoista creatura che quel giorno ha voluto provare cosa significa drogarsi, la cocaina, l’eroina. Sapere che poi nessuno riuscirà a tirarti fuori, forse ti spingerà a non iniziare mai. Sapere che per quello schifo dovrai morire ancora prima di quanto il destino abbia deciso per te, ti spingerà a non toccarla, e quando qualcuno te la offrirà, la prenderai e la butterai nel cesso.





Il letto è madido, pregno di sudore
Lo vedo girarsi e rigirarsi tra le lenzuola. Lo raccolgo come fosse un cucciolo proteggendolo da sé stesso, dalla sue paure. Un abbraccio che è retaggio di un passato limpido.
Lo bacio sulla fronte, i tremiti diminuiscono.
Poi lei risale dalle viscere.
Lei, L’altra. Quella che l’’ha portato via da me. La schifosa che lo vuole stringere a sé. Ma io non mollo. Non lo lascerò uscire dalle braccia. Lo costringerò in una gabbia di amore e cure, fino a quando lei sarà solo una ricordo. Un pezzo oscuro del suo passato da gettare nell’oblio. Io l’amo, questo scricciolo d’uomo dalle spalle larghe ridotto a pelle e nervi. Teso, con gli occhi persi nell’immenso biancore del soffitto.
La luce del sole attraversa la stanza fermandosi con i suoi raggi ai piedi del letto.
Il suo è un tremare incostante che s’alza e ridiscende d’intensità. Lei l’ha reso timoroso, capace di aver paura. Gli ha mostrato l’eventualità della morte accompagnandolo fin sull’orlo. Lui ha visto sotto e non ha più dimenticato. Non si può dimenticare una simile visone. Una così pressante presenza della morte.
È lì. Palpabile, al tuo fianco.
È un’eventualità più che possibile. Ogni volta che la incontri sai delle sue due facce, sai che potrebbe rivelare il suo volto scheletrico. Rapirti, portati via.
Non più per un breve periodo. Non più un gioco. Sai che lei potrebbe ucciderti. Da lì in poi si vive nella paura. Si trema, si impreca. Ci si accanisce sugli altri. Non si è più un gruppo di amici ma un branco assetato di moneta. Si è marionette, sudditi, schiavi. E quando ci si rende conto della realtà, della verità nelle frasi fatte dei genitori, è troppo tardi. Ci si sente merde, si è nullità.
Ma io ho un obiettivo. Un scopo preciso, e non permetterò lei di portarmelo via.
Un sussulto ancora e perdo il filo del pensiero. Mi raggomitolo attorno al mio uomo. Lo tengo stretto a me, al mio corpo. La testa poggiata al mio seno, lo cullo.



Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

1 commento:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie